LASCIARSI GUARDARE

Venerdì scorso c’è stata la festa dei Grandissimi all’asilo di Lorenzo: i bimbi che hanno finito la scuola materna, e si avviano verso le elementari, preparano uno spettacolo che viene messo in scena davanti a maestre e maestri, genitori, nonni, amici e a tutti gli altri bambini dell’asilo.

 È una festa speciale molto attesa, per i bambini, e soprattutto per i genitori che, commossi, vedono i loro piccoli diventare “grandi”. 

Durante lo spettacolo i bambini “grandissimi” vengono chiamati a uno a uno e camminano davanti al pubblico: non è facile per un bambino di circa sei anni essere da solo in scena e sentirsi tutti quegli occhi addosso. 

Poi i bimbi si riuniscono tutti inizia lo spettacolo che finirà con una danza comunitaria.

È un momento molto emozionante. 

Ma l’emozione più forte è proprio quel “farsi guardare” che ci fa immedesimare in loro, ci commuove e ci fa anche un po’ paura. 

Ricordo il primo anno di scuola di teatro a Milano era tutto incentrato sull’imparare a  “lasciarsi guardare”. 

Si facevano degli esercizi in cui si entrava in scena, soli, e ci si posizionava per esempio in un fascio di luce, oppure si camminava lentamente mentre gli altri ti guardavano. 

Erano esercizi molto forti, importanti e propedeutici al ruolo dell’attore. 

Essere visti, ma più che visiti, essere proprio osservati.

L’essere osservati chiama subito in causa la nostra parte più fragile: la vergogna e con lei il senso di inadeguatezza, la paura di non valere e di non essere abbastanza. 

Pensiamo ancora oggi a quanto ha peso per tutti noi “la prova costume”. Anche metaforicamente la prova costume richiama la paura di essere guardati, di mettersi a “nudo”, di svelarci così come siamo e di essere giudicati dagli altri con sguardo severo… richiama il nostro costante ‘sentirci imperfetti’. 

Io personalmente in costume non mi vado mai bene: troppa cellulite, troppa pancia, gambe e glutei non abbastanza sodi, orecchie a sventola coi capelli bagnati, fronte troppo alta. Ma il fatto è che quando guardo le mie foto di 5 anni fa o ancora meglio di vent’anni fa, quando avevo il fisco che ora direi “perfetto”, ecco nemmeno allora mi andavo bene…c’era sempre qualche cosa di me che non andava…(avevo sempre troppa pancia, troppa cellulite….).

Infatti, anche se avessimo il corpo perfetto probabilmente non ci sentiremo adeguati lo stesso, e anzi, chi passa ore in palestra a scolpire il fisico o fare liposuzioni per snellire le cosce ha dentro di sè forte quel senso di inadeguatezza che non scomparirà certo perché esteticamente “siamo a posto” o abbiamo “superato la prova costume”. 

Spesso proiettiamo sugli altri la nostra parte perfezionista dicendo che è l’altro che ci critica e che fa dei confronti, ma indipendentemente da quello che gli altri pensano e dicono, è una parte di noi che non si accetta e va gentilmente messa a tacere. 

Pensiamo alla festa dei grandissimi e a quei piccoletti che sfilano intimoriti davanti a noi, spesso con gli occhi bassi a guardarsi le scarpe o l’erba del parto. Quei bimbi sono unici e perfetti così come sono, come è perfetto un frutto, un fiore, un albero, un micetto, un pulcino. 

L’amore incondizionato è proprio questo guardare quel bimbo che è tuo, o anche di un altro, e guardarlo nella sua bellezza, nella sua meraviglia e soprattutto nella sua unicità. 

Ma se con un bambino “forse” siamo più capaci di amore incondizionato e siamo più indulgenti (…non sempre ahimè) dovremmo cercare di esserlo anche con noi stessi, anche se “non superiamo la prova costume”, anche se una parte di noi ci critica in continuazione. 

Magari non ci critichiamo per il corpo (però quasi tutti lo fanno!), ma se non è il corpo non siamo comunque abbastanza bravi, efficienti, intelligenti, svegli, socievoli, simpatici, brillanti, capaci, ecc ecc.

Cerchiamo di fermarci un attimo, sdraiamoci sul letto o sul divano, chiudiamo gli occhi e facciamo dei respiri profondi: l’aria entra, l’aria esce. 

Inspiro e dico dentro di me: “mi amo”, espiro e dico: “così come sono”. 

Ripetiamo questo per 5-6 respiri, poi inspiro e dico il mio nome: “Eleonora”, espiro “ti amo così come sei”. 

Anche questo per 5-6 respiri. 

Poi abbracciamoci dolcemente e lasciamo fluire il respiro naturalmente riposando in quell’abbraccio. 

Quando sentiamo che ci stiamo criticando troppo, che non ci andiamo bene per un qualsiasi motivo, facciamo questo esercizio e godiamo della pace che porta. 

Impariamo a mandare amore a noi stessi, forse l’unico vero modo di superare la prova costume, e di lasciarsi guardare.

 

Eleonora

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