LA VITA AI TEMPI DEL CORONAVIRUS

È difficile scrivere in questo momento di profonda tristezza e di disorientamento. In un paio di settimane si è passati dalla chiusura delle scuole alla quarantena forzata. Tanta confusione nelle comunicazioni non ha aiutato nessuno a capire ciò che stava succedendo e, soprattutto, a comprendere che la situazione era veramente grave… così, contagio dopo contagio, il Coronavirus si è diffuso in tutto il paese. 

La nostra generazione, e anche quella dei nostri genitori (se hai tra i 30 e i 50 anni) non ha conosciuto direttamente la guerra e, forse i drammi più grandi che ricordiamo, sono stati i disastri nucleari di Cernobyl nell’86 e Fukushima nel 2011, e nel nostro paese i terribili terremoti dell’Aquila nel 2009 e dell’Emilia nel 2012. Ma un virus che mettesse in ginocchio prima la Cina, poi l’Italia, l’Europa e quasi il mondo intero è una calamità simile a una guerra mondiale che non abbiamo mai vissuto.

Sono girate sul web delle riflessioni sul fatto che tutto ciò è capitato perché “ci dovevamo fermare”, che forse la razza umana, così poco evoluta a livello spirituale, “dovrebbe estinguersi”, che c’è “troppo inquinamento e troppa fretta”, che “si pensa solo ai soldi”, che “le relazioni ormai si sono perse”. Sono riflessioni interessanti e soprattutto condivido il fatto che sia noi come “individui”, che noi come “collettività”, abbiamo da imparare qualcosa dal dramma che stiamo vivendo, e quando (e se) ne usciremo non saremo più gli stessi. 

Ora, però, per affrontare una quotidianità così diversa, dobbiamo escogitare qualcosa per stare bene. 

Come sempre sta a noi scegliere se finire nel buco nero della depressione o reagire cercando l’insegnamento e l’opportunità di crescita.

 Se sei in salute e sei “semplicemente recluso in casa”, come la maggior parte (per fortuna) degli italiani puoi ringraziare l’Universo per il solo fatto di stare bene. 

Vediamo alcune cose che possiamo fare:

– Se hai la fortuna di fare “smart working” puoi imparare questa nuova modalità, immaginandola come un training poichè sempre più sarà il lavoro del futuro. Puoi apprezzare inoltre il fatto di poter lavorare in un ambiente protetto.

– Se non stai lavorando puoi scrivere una lista delle cose che avresti sempre voluto fare “quando avresti avuto tempo”, ma che non hai fatto: per esempio pulire bene la casa, buttare via le cose vecchie che non servono più, leggere quel libro o vedere quel film, preparare un corso, imparare una lingua, cucinare, cucire, dipingere, suonare. 

La creatività in particolare nasce nei momenti di vuoto, la creatività ci avvicina al Divino ci rigenera nel profondo, ci fa stare bene. 

Io personalmente ho deciso di fare al mattino i cinque tibetani e la sera una mezz’ora di yoga, cerco di cucinare cibi sani e prendo integratori che mi danno forza fisica e mentale, per il resto mi occupo della casa e della mia famiglia, e cerco di impegnarmi a farlo nel migliore dei modi (purtroppo non sempre mi riesce 😩). 

-Si può uscire a correre o per una passeggiata (certo rispettando le norme di sicurezza). Penso che sia molto importante uscire un po’ tutti i giorni: scendere mezz’ora per buttare via l’immondizia, fare la spesa o semplicemente per fare una corsetta può essere un toccasana. 

– Possiamo tenere un diario: scrivendo tre pagine al giorno butteremo fuori preoccupazioni e pensieri. 

-Possiamo pregare o fare meditazione: accendiamo una candela,  ascoltiamo il respiro e concentrarci sul nostro centro interiore, la parte più vera di noi. Lì tutto è pace. Etty Hillesum, morta in un campo di concentramento, è riuscita a trovare la sua parte più profonda, nonostante la sofferenza. Il contatto con questa parte divina le ha dato una pace infinita capace di farle affrontare il periodo della guerra con una serenità per noi sconcertante. 

-Sarebbe meglio non continuare a leggere gli aggiornamenti dei giornali sul numero di contagi e di morti. La paura ci penetra nelle ossa e ci paralizza. Se non riusciamo a smettere di farlo, cerchiamo almeno di darci un tempo breve, che non invada tutta la nostra giornata, e poi mettiamoci a  fare qualcosa di amorevole per noi e per gli altri. 

– Chiamiamo e videochiamiamo gli amici, i parenti, i vecchi maestri, chiunque ci venga in mente per un saluto, facciamolo tutti i giorni. È vero che la tecnologia ci ha allontanato, ma questo virus ci ricorda quanto sia difficile non avere contatti con i nostri simili. Ora possiamo sfruttare la tecnologia per fare l’opposto: per riavvicinarci, per dirci “ti voglio bene, mi manchi, come stai….” con un messaggio, un vocale o una videochiamata.

E, ancora una volta, se ci prende lo sconforto e la tristezza ricordiamoci che siamo sul divano a leggere e non in rianimazione. Mandiamo con il pensiero amore e gratitudine per chi sta male e per chi lavora incessantemente per salvare vite umane, e non sprechiamo la vita che ancora abbiamo nel peggiore dei modi. 

-Se siamo particolarmente desiderosi di evolverci possiamo chiederci cosa possiamo imparare da questa esperienza e quale può essere il nostro contributo in un momento del genere.

 – E poi cari amici, sì, ripetiamoci che finirà bene, visualizziamo tutti la fine di questa drammatica vicenda, visualizziamoci al mare o in montagna, a festeggiare il compleanno di nostro figlio o dei nostri genitori in compagnia, all’aperitivo con gli amici e al parco coi bambini, visualizziamo tutto ciò che amavamo della nostra vita “precedente” e che vorremmo fare di nuovo e sentiamo la gioia per ciò che (speriamo il più presto possibile) avverrà. Questo atteggiamento non vuol dire essere ingenui e poco realisti, vuol dire usare un potente mezzo che tutti abbiamo, la visualizzazione, per creare la realtà che vorremmo. Farlo tutti insieme la renderà più potente. 

Rileggiamo ora insieme due citazioni che ci aiutano a riflettere…

Da Libertà in prigione di Roberto Assagioli

Mi sono reso conto di essere libero di poter scegliere tra due atteggiamenti diversi nei confronti della mia situazione, dando ad essa un certo significato, oppure un altro, utilizzandola in un modo o in un altro. Potevo ribellarmi o sottomettermi passivamente, vegetando, oppure potevo indulgere nel malsano piacere dell’autocommiserazione, assumendo il ruolo del martire. Oppure ancora potevo prendere la situazione con umorismo considerandola come una nuova ed interessante esperienza. Potevo trasformarla in un periodo di riposo, o in un periodo di pensiero intenso su questioni personali, riflettendo sulla mia vita passata, o su problemi scientifici e filosofici; oppure potevo approfittare della situazione per sottopormi a un training delle facoltà psicologiche e fare esperimenti psicologici ben precisi su me stesso. O, per concludere, potevo farla diventare un ritiro spirituale: finalmente lontano dal mondo. Non avevo alcun dubbio: dipendeva da me.”

Dal Diario di Etty Hillesum

Se rimarremo vivi, queste saranno altrettante ferite che dovremo portarci dentro per sempre. Eppure non riesco a trovare assurda la vita. E Dio non è nemmeno responsabile verso di noi per le assurdità che noi stessi commettiamo: i responsabili siamo noi! Sono già morta mille volte in mille campi di concentramento. So tutto quanto e non mi preoccupo più per le notizie future: in un modo o nell’altro, so già tutto. Eppure trovo questa vita bella e ricca di significato. Ogni minuto.”

Si deve anche essere capaci di vivere senza libri e senza niente. Esisterà pur sempre un pezzettino di cielo da poter guardare, e abbastanza spazio dentro di me per congiungere le mani in una preghiera.”

Alla fine, noi abbiamo solo un dovere morale: reclamare larghe aree di pace in noi stessi, più e più pace, e di rifletterle verso gli altri. E più pace c’è in noi, più pace ci sarà nel nostro mondo turbolento

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