UP and DOWN

Luglio 5, 2020Felicità

Molti di noi pensano di avere una personalità unica, con delle caratteristiche bene o male sempre uguali. In realtà la Psicologia ci insegna che durante la nostra vita interpretiamo diversi ruoli che si alternano come attori su un palcoscenico: in Psicosintesi tali ruoli vengono chiamati “Subpersonalità”. La nostra personalità è la somma di tutte le parti di noi, sia che ne siamo consapevoli o meno, e, oltre a queste, c’è anche una parte, l’Io, che osserva con distacco le altre singole parti o “Subpersonalità”. 

Ci capita spesso però di mettere il “pilota automatico” e di andare nel mondo identificati in una parte spesso “forte”, che potremmo definire “difensiva”: è quella parte che ti consente di lavorare, di mandare avanti la casa, crescere i figli… il tutto al tuo meglio possibile.

 Questa parte però per funzionare al suo massimo dell’efficacia chiude in cantina le emozioni perché se queste facessero irruzione nella vita di tutti i giorni, queste si rivelerebbero piuttosto scomode: immaginati a piangere disperata di fronte ai tuoi figli perché sei stanca, o perché tuo padre è malato. O immagina perderti d’animo di fronte alle fatiche sul lavoro e crollare davanti al tuo capo. Ecco sono situazioni non proprio funzionali alla vita di tutti i giorni. Allora si avanti un po’ in automatico, un po’ come un robot che cucina, lavora, fa lavatrici, fa fare i compiti, cambia pannolini, ecc. ecc. Questa parte spesso camuffa la tristezza con la rabbia per cui perde la pazienza per niente con i bambini, con il partner, oppure anche con i colleghi.

Può però capitare un evento che ti butta giù e ti fa entrare improvvisamente in una parte polare (una parte che ha effettivamente caratteristiche opposte alla parte “forte”): magari l’evento scatenante è una gravidanza, o una malattia, o un lutto, o un licenziamento. Allora entri in una parte triste e malinconica, una parte dolce e indifesa, spesso compassionevole con chi sta male. Questa parte viene spesso vista come scomoda perché non è UP, anzi è proprio DOWN, e la ritentiamo molto sconveniente, perché da piccoli ci hanno insegnato che dovremmo essere perfetti e sopratutto che non dovremmo esprimere le nostre emozioni.

Questa subpersonalità però ha una sua funzione: ogni ogni parte di noi che si presenta ha una funzione. 

Durante il mio lavoro personale e le visualizzazioni che ho fatto, ho visto che questa parte ha il cuore. È come se la parte “forte”, la “Up” fosse priva di cuore mentre la parte “Down” fosse tutta cuore. Sono due parti che si completano perché la prima è forte carica e efficiente, ma fredda… la seconda è triste e apatica, ma calda, affettuosa e empatica. 

A tal proposito mi viene in mente a una frase che disse il monaco zen Thich Nath Hanh a un seminario che frequentai nel 2008:

“Non vorrei che mio figlio nascesse in un mondo privo di sofferenza perché non imparerebbe la compassione”.

 Il contatto con le nostre parti ferite ci permette di recuperare il cuore che altrimenti lasceremmo troppo spesso in cantina. 

La sofferenza ci insegna a essere più umani e a entrare in empatia con la sofferenza del prossimo.

Certo non è auspicabile alternare queste due subpersonalità per tutta la vita: il “modello ideale” sarebbe prendere le parti buone della prima parte “UP” e le parti buone della seconda “DOWN” e metterle insieme, diventare così una persona forte con una grande mente e un grande cuore, come era Assagioli, e come sono alcune persone molto evolute. O anche come sono i bambini: “Se non tornate come bambini non entrerete nel regno dei cieli”, dice il Vangelo. I bambini sanno essere energici felici e affettuosi, ma anche tristi e arrabbiati all’occorrenza, in contatto semplicemente con le loro emozioni e capaci di vivere nel presente. 

Ma come si può attuare questa sintesi? 

Non è così facile ed è un processo che richiede molto tempo, spesso anni. Per la mia esperienza però ho capito che, se ci rendiamo conto di essere entrati troppo con il pilota automatico nella parte UP, possiamo fermarci, respirare e entrare in contatto col cuore.  Possiamo dirci: “Ecco ora sto diventando fredda, probabilmente non sto ascoltando le mie emozioni!” Oppure: “Sto facendo le cose in automatico, c’è bisogno di più cuore!” 

Fare le cose con amore ci può aiutare a creare una sintesi. “Ama e fa ciò che vuoi”, diceva Sant’Agostino. Se non riusciamo a entrare in contatto col cuore possiamo provare a scrivere il diario, a fare una preghiera, una meditazione. Possiamo chiedere alla nostra parte bambina perché si è ritirata, e di cosa avrebbe bisogno.

Se ci troviamo nella parte DOWN è più difficile recuperare le energie e ci può volere più tempo, per tornare a stare meglio.  Una pratica utile può essere fare qualcosa per gli altri: dando amore entriamo nel flusso dell’amore e in qualche modo lo diamo indirettamente anche a noi stessi. Per me, ad esempio, funzionano le seguenti cose:

  • fare un disegno con mio figlio,
  • fare un massaggio al mio compagno,
  • fare una chiamata a un’amica o a mia madre,
  • preparare qualcosa di buono da mangiare,
  • fare un regalo a qualcuno,
  • scrivere un post che possa aiutare gli altri oltre che noi stessi.

E’ importante ricordarsi che la parte DOWN è una delle parti di noi, ma non è la sola! Abbiamo sempre con noi anche parti forti e gioiose che ritorneranno quando ci saremo presi cura delle nostre emozioni dolorose.

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