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LA TRAPPOLA DEI PENSIERI (e delle emozioni…).

L’altra mattina stavo andando in Vespa in ufficio, più o meno come tutte le mattine.

In realtà non era proprio come tutti i giorni: ero intrappolato nei pensieri, stavo continuando a rimuginare su una discussione avuta con mia moglie.

A dirla tutta avevamo discusso la sera prima, poi siamo andati a dormire senza chiarirci e la mattina ero ancora arrabbiato.

Così andando in Vespa stavo ancora pensando alle cause della lite ed ai nostri rancori.

Tutto concentrato nella mente, e rapito in parte dall’emozione della rabbia, non stavo notando cosa c’era intorno a me.

A un certo punto non so cosa sia successo: mi sono accorto che era una bellissima giornata, con un sole luminoso che brillava in un cielo azzurro e terso. La pioggia del giorno prima aveva spazzato via tutto lo smog che si era accumulato a Verona nei giorni precedenti e il vento aveva fatto il resto cancellando le nuvole e portando un’aria effervescente e profumata. La temperatura era fresca ed avvicinandoci alla primavera non si sentiva quel gelo pungente tipico di qualche settimana prima.

E poi ero ben coperto, quindi mi potevo godere il sole, l’aria limpida e il senso di libertà che ti trasmette girare in Vespa senza sentire freddo.

Per andare al lavoro, inoltre, seguo un itinerario che sembra quello delle guide turistiche: passo in mezzo al parchetto dell’Arsenale con i suoi meravigliosi pini marittimi, lascio il Castello Scaligero sulla destra e costeggio il fiume Adige lungo un viale ricco di alberi, poi attraverso il fiume passando su Ponte della Vittoria, un ponte con delle belle riproduzioni di statue equestri realizzate in bronzo, e mi tuffo nel centro storico di Verona.

Quando ho cominciato ad immergermi nel presente, osservando quello che c’era, ho smesso di pensare ai motivi della rabbia.

Poi mi sono concentrato sul mio corpo: quel giorno (ed anche oggi che sto scrivendo per fortuna) ero in perfetta salute.

Sai quando il corpo sta bene, non hai neanche un dolore a partire dall’alluce del piede fino ad arrivare alla punta dei capelli, e non hai nemmeno l’ombra di un raffreddore, allergia, tosse o mal di testa.

Dovremmo brindare tutti i giorni che stiamo bene di salute: spesso non ci pensiamo e ci ricordiamo di quanto sono importanti quei momenti quando siamo sofferenti per qualche malanno.

Ho ringraziato il cielo per essere in salute e mi sono sforzato di capire come era possibile che qualche secondo prima non notassi tutto quello che avevo e che c’era intorno a me vivendo anestetizzato nei pensieri di rancore e rabbia.

Pian piano i pensieri ed il cattivo umore hanno iniziato a diradarsi.

Mi sono detto: “Ok, i problemi non si sono ancora sciolti, ma sarebbe da folli rimanere attaccati a quei pensieri anziché godersi questo magnifico momento presente: sole, aria pulita e salute perfetta. Ci ripenserò dopo…”.

Questo piccolo passaggio di consapevolezza (smettere di “rimuginare” e concentrarsi sul presente) in Psicosintesi si chiama ‘disidentificazione’.

Questo non vuol dire ‘rimuovere’ i problemi, ma dimenticarli per qualche momento in cui ci concentriamo su qualche altro aspetto presente della realtà:

– se abbiamo un pensiero o una emozione invadente possiamo provare a sentire un po’ le sensazioni del corpo…,

– se é il corpo a soffrire possiamo provare a concentrarci un po’ sui pensieri o sull’immaginazione, …

Poi possiamo tornare ai nostri problemi e, senza farlo apposta, avremo una diversa consapevolezza e attitudine: riusciremo a ‘inquadrare’ meglio le nostre preoccupazioni, o quantomeno ad abbracciarle anche con qualche parte gioiosa di noi, e sicuramente troveremo soluzioni più creative per affrontarle!

Alberto

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PULIZIE DI PRIMAVERA (ovvero Spaceclearing che passione)

È da tanto che volevo scrivere un post sullo Spaceclearing ma essendo un argomento troppo importante per me tergiversavo sempre.

Per me lo Spaceclearing è una vera e propria passione, di quelle che appena ne parli ti brillano gli occhi. Ho letto tantissimi libri a riguardo, ho tenuto corsi e seguito delle persone che volevano approfondire l’argomento.

Sono inoltre fermamente convinta che fare Spaceclearing sia un modo molto efficace e piuttosto veloce per cambiare la propria vita, evolversi ed attirare ciò che desideriamo.

La settimana scorsa, con l’arrivo anticipato della primavera, e riprendendo in mano il secondo libro di Marie Kondo, sono rientrata “nel vortice dello Spaceclearing”.

Entrare nel vortice dello Space, come dico io, vuol dire ripassare ogni angolo della casa, buttare via tante cose inutili, risistemare gli spazi, ma soprattutto fare il punto su “in che tipo di casa voglio vivere” e “che tipo di persona voglio diventare”…perché le due cose sono profondamente connesse!…
Vuol dire che per due tre settimane non penso ad altro e butto, pulisco e sistemo tutto quasi trattenendo il fiato.
Ogni volta che esco dal vortice sono una persona diversa e succedono moltissimi cambiamenti nella mia vita.

Ormai sono anni che faccio Spaceclearing almeno una volta all’anno.

All’inizio è stato un lavoro impegnativo, non conoscevo nemmeno le basi dello Spaceclearing e non ero abituata a buttare. Nella mia famiglia non si butta via niente: l’altro giorno, a casa dei miei, mentre ero alla disperata ricerca di un caricabatterie per il cellulare di mio papà (che ovviamente non ho trovato), da un cassetto sono saltate fuori le mie bomboniere di nozze ancora con confetti dentro… di cinque anni fa!😝

Insomma quando ho capito che la vita era più semplice è più bella se la tua casa è essenziale, pulita e ordinata, non ho mai smesso questa pratica che considero come una meditazione.

Come si fa lo Spaceclearing?

Si passano in rassegna tutti ciò che c’è in casa: i vestiti, le scarpe, i libri, i documenti, gli utensili per la cucina, i ricordi… tenendo in mano gli oggetti decidiamo se quella cosa ci piace ancora o no, se ci rende felici, se la usiamo…altrimenti la ringraziamo e la lasciamo andare.

Questo processo influenza moltissimo il nostro inconscio e, se riusciamo a vivere nella nostra casa ideale, saremo anche più capaci di fare delle scelte, di attivare la volontà e di attirare quello che desideriamo nella vita.

Un buon esercizio proposto da Lucia Larese nel suo mitico primo libro è quello di scrivere su un foglio quali sono le nostre intenzioni, i nostri desideri, prima di iniziare il processo dello Spaceclearing.

Si potrebbe scrivere “voglio perdere 5 chili, voglio trovare un fidanzato, voglio cambiare lavoro, voglio rimanere incinta ecc.” poi ci si impegna al massimo in questo percorso di riordino e ci ritroveremo dopo un certo periodo a constatare se quello che ci eravamo prefissati si è realizzato o meno.

A me si sono realizzati un sacco di progetti, altri sono in corso d’opera, comunque credo che lo Spaceclearing abbia dato sicuramente una gran mano.

Il mondo migliore per iniziare, per chi è alle prime armi, è di munirsi di un manuale e attenersi alle sue regole e ai suoi suggerimenti. Oltre al già citato Spaceclearing della Larese c’è il mitico “Magico potere del riordino” della Marie Kondo.
La regola che la Kondo mette alla base del suo libro è che fare Spaceclearing in realtà è molto semplice:

prima si elimina il superfluo, poi si assegna un posto a ciò che abbiamo deciso di tenere.

Nella “maratona di riordino” di questi giorni non ho eliminato moltissimo, perché la mia casa ormai è già veramente essenziale: però ho sistemato e pulito con cura ogni cassetto, recuperato e appeso alcune foto a cui tenevo (che mi piacevano ma avevo deciso tempo fa di mettere via) ho reso essenziale la cucina eliminando vecchie teiere rotte e comprato dei canovacci nuovi e piccoli oggetti graziosi che me l’hanno fatta amare di più. Ho inoltre rimesso mano alla stanza di mio figlio Lorenzo affinché non sia mai sommersa dai giochi e dai vestiti…

Mi è piaciuta una regola che ho trovato nel secondo libro di Marie Kondo:

“sistema ogni cassetto come se fosse il cassetto di esposizione di un negozio (es intimo, trucchi, gioielli..) ogni volta che lo aprirai avrai un brivido di gioia”.
Inoltre lei dice:

“metti in ordine cassetti e armadietti come se li dovesse aprire qualche estraneo e tu non ti dovessi vergognare di quello che c’è dentro.”

Queste due “chicche” mi hanno fatto capire l’importanza di tenere ordine anche dentro di noi… magari abbiamo una bella facciata, ma cosa c’è dentro?

Siamo ordinati e essenziali o regna dentro di noi la confusione? Come sono i vostri armadi? E il mobiletto del bagno? I faldoni dei documenti? Il cassetto della cancelleria? Il baule dei giochi di vostro figlio? La credenza?
Beh la mia casa era bella e in ordine all’apparenza, ma dentro era ancora un bel pasticcio. Ora, dopo circa due settimane di lavoro, posso dire che anche dentro è a posto…potete passare ad aprire i cassetti!
Fare Spaceclearing è una grande soddisfazione..una gioia della vita, provare per credere!!
Eleonora

P.S. Mio padre, prendendomi in giro, mi dice che a forza di fare Spaceclearing mi rimarrà solo una sedia e un materasso…😬

 

 

 

 

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SAPER METTERE I LIMITI

Una riflessione che mi sembra importante condividere è quella sull’imparare a mettere limiti.

Pochissimi di noi sono in grado di farlo, e la cosa peggiore è che per la maggior parte delle volte non siamo nemmeno consapevoli di cosa voglia dire mettere limiti e farsi invadere.

Tutto ha origine quando eravamo piccoli e gli adulti invadevano molte volte il nostro spazio vitale: stavamo giocando e bisognava uscire di corsa per andare a scuola, eravamo in bagno e qualcuno bussava prepotentemente alla porta, volevamo dormire e ci svegliavano, non volevamo mangiare più e ci obbligavano a farlo, eravamo al telefono (magari in adolescenza quando non esistevano i cellulari) e dovevamo buttare giù.

Sicuramente in un modo o nell’altro ognuno di noi è stato invaso, chi più chi meno.

E così anche oggi, nella nostra vita, ci troviamo continuamente a essere invasi e noi stessi invadiamo gli altri.
Le persone meno consapevoli sono quelle che più invadono e più si fanno invadere.

Ma come ci facciamo invadere oggi che siamo adulti?
Quando non sappiamo dire di no.

Abbiamo paura che se diciamo di no, la persona a cui viene “messo un paletto” si sentirà respinta e non ci vorrà più bene.
In realtà è vero il contrario: una persona centrata, che sa mettere i limiti, è proprio quella che ha relazioni più soddisfacenti.

Visto che non sappiamo dire di no spesso inventiamo scuse, o vere e proprie bugie, che ci allontanano dalla relazione.
Altre volte invece diciamo di sì e facciamo quello che la nostra parte più profonda non vuole fare: ospitiamo qualcuno a casa per più tempo di quello che desidereremmo, andiamo al cinema, a una cena o a una festa anche se quella sera vorremmo stare a riposare sul divano, cuciniamo e puliamo la casa magari quando siamo malate, stiamo al telefono un’ora ad ascoltare i problemi di un’amica o di nostra madre, e poi ci accorgiamo che non abbiamo fatto quello che realmente volevamo fare… Facciamo l’amore con il partner anche se non ne abbiamo voglia solo per compiacerlo, quando forse la nostra necessità in quel momento sarebbe più quella di parlare con lui e di condividere i nostri bisogni…

Insomma tutti ci facciamo invadere continuamente.

Fra l’altro, spesso un sì detto per compiacere qualcun altro dà anche il via a una somatizzazione fisica: ci ammaliamo. Il nostro corpo ci fa evitare di fare quello che non siamo riusciti a esprimere a parole.

E come invadiamo gli altri?
Cercando di convincerli a fare quello che non vogliono fare: insistendo quando dicono “No”, manipolandoli per ottenere quello che vogliamo noi.

Imparare a mettere i limiti per noi stessi è l’esercizio migliore anche per smettere di invadere gli altri: più divento sensibile al mio bisogno, più sono in contatto anche con il bisogno dell’altro.

Ma come fare per riconoscere se stiamo dicendo un “Si” perché lo vogliamo veramente o solo per non creare un dispiacere?

Ascoltandoci.

Ascoltiamo con attenzione il corpo: quando ci sentiamo invasi sentiamo un disagio fisico, un senso di irrigidimento in tutto il corpo, abbiamo la sensazione di sentirci bloccati contro un muro, o svuotati di energia.

Un buon mondo per riflettere su quello che desideriamo veramente è quello di prendere tempo di fronte a una richiesta (non bisogna sempre dare subito una risposta): “Guarda ti ringrazio dell’invito, ci penso e ti faccio sapere” è un buon modo per non essere affrettati.

Certo poi è importante, una volta chiarita in noi la risposta, comunicarla velocemente all’altra persona e non lasciarla in sospeso.
Prendersi il tempo per decidere è sicuramente un buon modo per ascoltarsi e analizzare tutte le parti di noi.

Un altro punto importante da ricordare è anche un altro: concediamoci il diritto in un secondo tempo di cambiare idea.

Non c’è niente di male a prendere in mano il telefono e dire:

“Scusami, mi sono ascoltata a fondo e non me la sento di uscire questa sera, sono troppo stanca.”

Certo l’altra persona potrà rimanere inizialmente delusa, ma se sapremo comunicare in modo sincero la nostra fragilità scopriremo che la relazione tra noi e l’altro diventerà più autentica.

Quali sono i vantaggi del sapere mettere i giusti limiti?
Più sicurezza e rispetto per sé stessi, senso di essere padroni della propria vita, attenzione ai propri bisogni e a quelli dell’altro, meno ansia.

Vi lascio con due frasi da ricordare sempre per chi, come me, sta imparando a mettere i limiti:

Quello che fai per il tuo bene lo fai anche per il bene dell’altro.

(Enzo Liguori)

Quando dici SÌ agli altri, assicurati di non dire di NO a te stesso.

(Paulo Coelho)

 

Eleonora

 

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UNA PRATICA PER LA FELICITÀ: 5′ di meditazione mattutina

Apro questo post con le parole di Nico Rosberg, Campione Mondiale di Formula 1 a dicembre 2016.

“Meditazione. È stata l’arma in più, quest’anno. Un’arte che puoi praticare ovunque, camminando, correndo, sul letto appena ti svegli. Sia chiaro, è un lavoro non una magia, ma se si pratica con costanza e serietà a poco a poco aiuta a migliorare.

A me è servito: sono sicuro che dieci anni fa, in una situazione come quella in cui mi sono trovato negli ultimi dieci giri di Abu Dhabi, la gara decisiva, con Lewis che rallentava davanti e io schiacciato tra le due Red Bull e Vettel…

Sono certo che mi schiantavo.

Invece ero pronto.

Non dico che fossi sereno, anzi ricordo che durante la manovra di sorpasso su Verstappen vedevo tutto rosso ed ero tesissimo.

Però c’ero.

E l’ho portata a casa… Dovrebbero farlo tutti, insegnarlo a scuola: viviamo al limite, sempre connessi incapaci di annoiarci o di stare soli. Accumuliamo storie e siamo sempre meno lucidi. Io, ancora oggi, la prima cosa che faccio ogni mattina è venti minuti di meditazione. Poi è stato molto importante anche parlare. Con il coach abbiamo parlato di tutto, compresi mio padre e Lewis”.

Nico Rosberg, 31 anni, pochi giorni dopo essere stato incoronato Campione del Mondo, ha annunciato il suo ritiro dalla Formula 1 con questo discorso.

 

Io non corro ai 300 km/h e non rischio la vita tutti i giorni come fa lui, ma anche io ho iniziato la meditazione mattutina, anche se la mia storia é un po’ diversa.

 

Il 1º gennaio del 2017 mi é scattata l’ansia da obiettivi per il nuovo anno: sembrava che dovessi fare in quest’anno tutto quello che non ho fatto nella mia vita.

Poi me ne sono accorto, mi sono calmato ed ho cominciato a selezionare le attività prioritarie e quelle meno.

Conscio dell’importanza delle pratiche quotidiane, ho scelto alcuni piccoli esercizi da fare ogni giorno che mi aiutano a mantenere un po’ di serenità.

Le ho disseminate nei diversi momenti della giornata ed é così che dal 1º gennaio di quest’anno tutte le mattine faccio 5′ minuti di meditazione.

Una cosa molto semplice, senza candele, incensi, musiche o voci guida.

Mi siedo sul tappeto in sala in una posizione comoda, ma non troppo, per non addormentarmi, e respiro con gli occhi chiusi.

Prima però faccio partire il conto alla rovescia sul telefonino, che mi avvisa quando sono passati i 5 minuti (sperando che non si scarichi la batteria del cellulare e mi lasci tutto il giorno con le gambe incrociate sul tappeto).

Durante la meditazione mi concentro sul respiro e sul riconoscere i pensieri che passano, senza scacciarli ma anche senza seguirli o trattenerli, lascio che passino.

Come dice Thich Nhat Hanh i pensieri sono come nuvole nel cielo della nostra mente, e come nuvole effettivamente vanno e vengono.

I rumori mi aiutano a tornare presente: quando sento qualche suono che viene dall’esterno, ad esempio una macchina che passa in strada, abbandono per un attimo i pensieri e torno presente. Mi concentro nel riconoscere il suono, lo seguo e poi lo lascio andare, senza trattenerlo.

Mentre respiro sento anche il corpo: se c’è qualche parte che mi dá fastidio, come il collo, una spalla o la schiena porto lì l’attenzione e sciolgo un po’ la parte, rilasso e respiro.

Delle volte i 5 minuti si dilatano all’infinito e mi sembrano un’ora. Non nascondo che, quando capita, apro un occhio e getto lo sguardo sullo schermo del telefonino ma, ogni volta, mancano più pochi secondi alla fine del tempo…

Altre volte invece il tempo vola: faccio un po’ di fatica iniziale a lasciar andare dei pensieri ricorrenti in quel periodo, e, quando finalmente ce l’ho fatta e comincio a godermi un po’ di pace, il telefonino inizia a squillare per ricordarmi che devo riprendere le mie attività mattutine (lavarmi, vestirmi, portare Lorenzo all’asilo, fare colazione, andare in ufficio, …).

Sembra strano, ma quel breve appuntamento mattutino é diventato un rito importantissimo per la mia giornata.

Non è indispensabile fare questa pratica la mattina, se uno non ha tempo per 1.000 motivi può anche farla la sera: l’unico avvertimento è che facendola la sera la mente è un po’ più “sovraccarica” dei pensieri della giornata e può essere un po’ più difficile lasciarli andare.

Se mi chiedete se grazie a questa pratica riesco a essere “zen” tutto il giorno vi devo deludere: mi preoccupo se avverto una minaccia, mi agito quando qualcosa non va come vorrei, reagisco impulsivamente se mi sento attaccato, mi spazientisco quando penso che qualcuno mi faccia perdere tempo, e, se attraverso un periodo difficile, faccio anche fatica a dormire durante la notte.

 

Ciononostante questa pratica mi porta un po’ più di vantaggi:

  1. maggiore presenza nel momento che sto vivendo e meno “viaggi mentali”/ fantasie ad occhi aperti
  2. maggior autocontrollo
  3. più consapevolezza delle emozioni che provo
  4. meno distrazioni nei momenti che trascorro con le persone vicine (siano essi i colleghi o mio figlio!)
  5. maggior attenzione all’ambiente circostante ed ai cambiamenti che avvengono intorno a me (anche il cambio di pettinatura di mia moglie!)
  6. maggiore lucidità nelle relazioni con gli altri

 

Non é facile concedersi anche solo 5 minuti di meditazione al giorno, lo so per esperienza, ma considerati i piccoli grandi benefici che questa pratica offre e l’assenza di controindicazioni, mi sento di consigliarla a tutti, anche perché é gratis, non bisogna aver studiato per farla né possedere nulla di particolare se non una casa, tanta buona volontà e… un timer per i 5 minuti!

 

Alberto

 

PS: Meditare significa anche vincere alcuni ostacoli che si presentano appena cominciamo questa nuova attività… in questo post ne ho raccolti alcuni: “I PRIMI OSTACOLI ALLA MEDITAZIONE”

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IL MIO BISOGNO, IL TUO BISOGNO.

Il secondo punto (per il primo leggi il post Autostima) che mi ha colpito della conferenza sull’autostima di Cristina Bassoli è quello riferito ai nostri bisogni e alle richieste relative ad essi.

Molte volte, in determinate situazioni che ci mettono a disagio, dice Cristina, è come se fossimo dei bambini piccolissimi con pannolone e biberon, andiamo quindi a chiedere sostegno e aiuto a qualcun altro: il nostro partner, nostra madre, degli amici. Ma può essere che anche loro in quel momento stiano affrontando un momento difficile della loro vita, e che magari, siano anche loro, metaforicamente come noi, con pannolone e biberon, ma che per esemipo non lo dicano.

Vi faccio un esempio: vi trovate improvvisamente a dover curare la mamma malata, ad accompagnarla a visite, in ospedale, a dover sostenerla anche da un punto di vista psicologico. Questa situazione vi mette paura ed è come se tornaste ad essere un bambino o una bambina piccola che non sa come gestire una cosa più grande di lei. Allora chiedete (o pretendete) che un altro parente si occupi con voi, o meglio al vostro posto, della situazione.

Il problema è che anche il vostro parente non si sente così a suo agio, e magari ha un figlio piccolo da gestire, o al lavoro le cose vanno male…insomma anche lui porta il pannolone ecco. Finisce così che vi arrabbiate con quella persona e rompete i rapporti: certe volte può far comodo scaricare la tensione sopra un capro espiatorio.

Però non vi rendete conto che voi avevate il pannolino e pure l’altro ce l’aveva. Voi avevate bisogno di sostegno, ma anche l’altra persona aveva bisogno.

Molte volte le incomprensioni e i malintesi nascono da situazioni del genere. Ecco perché, dice Cristina, noi dobbiamo imparare a prenderci cura di noi stessi e a contenerci da soli nelle nostre difficoltà.

Se io riconosco la mia parte piccola impaurita, aggiungo io, e mi disidentifico da lei, posso cercare dentro di me delle risorse, fare appello alla mia parte più adulta e saggia, e cercare di affrontare la situazione in modo più lucido. Oppure posso esprimere all’altro la mia difficoltà, posso mostrare di essere vulnerabile. Se anche l’altro fosse per caso capace di ammettere di essere lui stesso terrorizzato, di avere una parte piccola in difficoltà, forse saremo meno spietati con lui. Forse riusciremo una volta tanto a guardare al di là del nostro naso.

Allora si potrebbe comunicare in modo libero, ci si potrebbe aiutare per quel che ognuno può dare, senza accusarci a vicenda. E soprattutto senza nasconderci dietro a un muro di orgoglio a tirare frecce.

Questa immagine di due bambini a gattoni con il pannolino e il biberon in bocca mi ha molto aiutato, mi ha fatto sorridere.

Può essere utile a tutti noi per capire che nessuno ci può salvare, che è giusto chiedere aiuto ma alle persone giuste, spesso chi non aiuta certe volte semplicemente è più in difficoltà di noi, anche se fa la voce grossa o si nasconde dietro a una parte forte.

Impariamo a chiederci: “Qual è il mio bisogno? Ce la posso fare da sola in questa situazione o ho bisogno di aiuto? A chi posso chiedere aiuto? Chi è realmente capace di contenermi? E soprattuto, che bisogni ha la persona a cui sto chiedendo aiuto?”

Se un giorno saprò finalmente prendermi cura della mia parte piccola (col pannolino) e saprò venire da te (mamma, partner o amica) per desiderio e non per chiedere aiuto, qualche volta tu aiuterai me, qualche volta io aiuterò te, ma ne saremo consapevoli, e qualche volta staremo insieme solo per il gusto di farlo.

Non saremo più dipendenti, ma saremo finalmente interdipendenti.

 

Eleonora

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AUTOSTIMA

Si sente parlare tanto di autostima: chi ne ha poca, chi ne ha troppa (o forse fa finta di averne), chi cerca di svilupparla e via dicendo. L’altro giorno, grazie alla cara amica Lara, ho ascoltato una conferenza di Cristina Bassoli, una terapeuta brava e anche molto simpatica, tenuta al Centro di Psicosintesi di Milano, proprio su questo tema.

Ho ascoltato la conferenza in cuffia, col telefono nel marsupio, mentre pulivo casa, e mi hanno colpito molto alcuni passaggi.
Il primo afferma che l’autostima è direttamente proporzionale all’agire secondo i nostri valori. 
È quello che Ferrucci chiama nel suo libro  La nuova volontà “essere integri”.
L’Integrità è proprio agire secondo i nostri valori più profondi, ma che questa integrità si collegasse anche all’autostima non ci avevo mai pensato. È bello e a guardare bene è anche vero!
Vi faccio un esempio: se io voglio essere una mamma amorevole so che mi devo impegnare a farlo. Può capitare però che a volte per stanchezza, nervosismo, ormoni o altri motivi vari, io non lo sia per niente, e che magari risponda in modo secco a mio figlio, o che senza volerlo urti la sua sensibilità.
In effetti comportandomi così vado contro il mio valore di essere amorevole e empatica.

Dopo che ho agito così però non mi sento bene, una voce cattiva dentro di me può anche dire che non sono una brava mamma. E quindi la mia autostima scende.

Se al contrario vado al funerale della mamma di una mia cara amica morta di una malattia brutta, e ci vado nonostante io debba pagare la babysitter, ci vado anche se mio marito non mi accompagnerà, ci vado magari in motorino anche se ci sono -2 gradi, ci vado nonostante io mi possa sentire impotente e terrorizzata davanti a un dolore così grande, ci vado lo stesso perché sento che dare un abbraccio alla mia amica e dirle che le voglio bene è la cosa più importante di tutte… Ecco in questo caso so che ho agito secondo i miei valori, so che è la mia parte più profonda che ha agito, e allora mi sento una bella persona, e  la mia autostima sale: è stata dura ma ce l’ho fatta.
L’autostima, quella vera, viene da dentro.
Ma se non lo sappiamo si può cercare di accrescerla in modi fittizi: comprando una macchina più grande, mettendo dei tacchi più alti, truccandosi di più, prendendo tutti 30 all’Universitá, imparando il russo e il cinese…ma la vera autostima dipende da quanto riusciamo a sintonizzarci con i nostri valori più profondi e agire in base a quelli. Sì perché altrimenti avremo sempre bisogno di una macchina più costosa, di vestiti più belli, di borse più fashion, e se all’esame prederemo 27 ci sembrerà di non valere niente. Saremo sempre dipendenti da riconoscimenti esterni.

Può invece essere utile chiedersi: quali sono i miei valori, come voglio essere?

E poi cercare di agire base al nostro modello ideale. Certo non è facile, spesso siamo la parte peggiore di noi: mangiamo patatine e cioccolato quando sappiamo che sarebbe meglio un frutto e una zuppa di legumi, ci nascondiamo di fronte alle cose che ci fanno paura, evitiamo di ascoltare un amico o il nostro compagno perché siamo stanche, non abbiamo voglia di giocare “alla nave” con nostro figlio di tre anni, facciamo shopping compulsivo, passiamo ore su facebook….ma fermiamoci un attimo! Facciamo due respiri e chiediamoci:
Che tipo di persona voglio essere veramente?”
Sicuramente  all’inzio faremo fatica, ma alla lunga ci ameremo un po’ di più… perché di autostima, in realtà, tutti abbiamo bisogno.

 

 

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