E QUANDO GLI ALTRI CI FERISCONO?
Capita a volte che noi apriamo il cuore a una persona e lei lo prenda e lo calpesti più o meno consapevolmente.
Probabilmente in passato anche noi abbiamo fatto così con qualcuno.
Però avere il cuore schiacciato non è la cosa più bella del mondo, anzi fa proprio male.
Cosa si può fare in quei casi?
Il primo approccio, quello istintivo e più immaturo è di scappare dal dolore.
Scappare dal dolore vuol dire negarlo, con la rabbia ad esempio (che stronza!), col menefreghismo (…ma non mi ha fatto niente), con un finto senso di superiorità (poverino/ poverina come è indietro, io sono saggio non mi faccio toccare da queste cose...).
Negare il dolore intanto non ti permette di liberartene veramente, anzi, fa aumentare la possibilità che tu dovrai passare da un’esperienza simile per imparare la lezione, e ti può far attirare incidenti o malattie perché in realtà le emozioni non sono state vissute, ma ricacciate giù nell’inconscio.
Una volta facevo così: il dolore era troppo da sentire e io in qualche modo mi dissociavo da esso. Però immancabilmente la vita mi faceva vivere una esperienza fisica di “bastonata” che era di forza equivalente al dolore non vissuto.
Le due volte più pesanti, che ricorderò sempre, sono state durante le riprese di un documentario in cui facevo la cameraman e qualche settimana prima del mio matrimonio. Entrambe le volte ero stata “maltrattata” da una figura femminile e io avevo scelto di non vedere e soprattutto di non sentire il dolore. Nel primo caso mi cadde una specchiera alta 2 metri in testa, nel secondo si staccò dal muro la cassettiera nuova della cucina dove tenevo pentole e piatti e mi cadde addosso. In entrambi i casi non mi feci quasi niente: qualche botta, un grande spavento e molta rabbia.
Gli accadimenti fisici mi avevano permesso di sentire direttamente col corpo le emozioni che non volevo (o non riuscivo) a sentire.
La mia teoria che spesso gli incidenti, i danni al corpo e molte malattie psicosomatiche siano legati a questo tipo di “acting out” ha avuto conferma in molte persone intorno a me che hanno vissuto episodi simili. Certo fino a che sarò in vita non saprò con certezza se la mia teoria è vera, forse mi sarà magicamente svelato in punto di morte.
Ma veniamo a noi… come fare allora quando una persona ci ferisce?
Una frase che mi ronza in testa oggi, dopo una settimana in cui sono stata molto ferita, è bisogna passeggiare con il dolore.
Passeggiare con il dolore mi ricorda un po’ la meditazione camminata di Thich Nhat Hanh. (vedi post la meditazione camminata….). Ma non bisogna per forza fare meditazione se uno non se la sente o non è capace.
Cerchiamo di stare con questa sofferenza passeggiandoci insieme, prendendoci cura di noi.
Oggi sono stata a camminare lungo l’Adige, mi sono seduta a osservare il fiume che scorreva, poi mi sono cucinata la mia pasta preferita. E questo è stato un po’ un modo di prendermi cura di me, e della mia sofferenza senza scappare, senza negarla.
Mi sono chiesta tante volte in questi giorni che senso ha tutto ciò.
Che senso ha aprire il cuore a una persona e poi venire schiacciati?
Alle volte ci rimani così male che non riesci a darti una spiegazione. Perché per me l’Universo è un posto con delle leggi precise, e siamo qui per imparare ad amare, ad amarci, e questa situazione, questa ferita proprio non mi torna.
Mi è chiaro che chi ferisce sta così male da ferire gli altri: soffre e semina sofferenza in giro.
Ma quando fai del tuo meglio e ti sembra di andare verso l’amore e l’altro ti ferisce? Non ho una risposta.
Il mio Saggio (vedi Post tu sei luce) mi ha detto, così all’orecchio, mente salivo le scale: “Così cresci”. “Ah beh, grazie”, mi è venuto da rispondergli.
Probabilmente, quando sarò stata ancora per un po’ con il dolore le cose mi saranno più chiare, e allora vi racconterò cosa ho capito.
Per ora sto qui e passeggio….
Eleonora
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