FARMACIA DI TURNO
Domenica dovevo andare a prendere una medicina per Eleonora.
La Domenica però le farmacie sono chiuse e così mi è toccato girare mezza città per trovare quella di turno. Ho parcheggiato in divieto di sosta e sono sceso dalla macchina con il cellulare in mano mentre cercavo il messaggio di Eleonora con il nome della medicina. In quel momento si é messo a piovere, non avevo l’ombrello con me e la coda era naturalmente all’aperto (quando le farmacie sono di turno non puoi entrare e devi farti servire attraverso un buchetto nella saracinesca).
Coda bagnata coda fortunata.
Ho provato ad aspettare lì vicino alla Farmacia sotto un balcone, ma vedendo che arrivava altra gente, per paura di perdere il posto, sono subito uscito dal riparo e mi sono messo dietro all’ultima persona in coda sotto l’acqua.
“Bè” mi sono detto “per fortuna ci sono solo 2 persone davanti a me, farò presto…”.
Mai previsione fu tanto errata: sì, c’erano due persone, ma il presto è un altro concetto.
Il primo signore ha fatto anche relativamente veloce, ma la signora dopo sembrava che dovesse fare un check-up completo della salute. Naturalmente mi tenevo un po’ distante per lasciare la giusta “privacy”, ma non riuscivo a spiegarmi come mai per ordinare uno o due medicinali ci fosse bisogno di tanto tempo. Più passavano i minuti (e più mi bagnavo), più cominciavo a provare una certa scocciatura per la situazione. L’irritazione si stava velocemente trasferendo dalla circostanza alla persona che ritenevo sempre più la responsabile del mio disagio: ‘Ma è possibile che questa persona ci metta tanto? Ma si sta confessando con il farmacista? Non ha un medico a cui chiedere le medicine anziché venire qua a cercare conforto?’.
Prima di indispormi ulteriormente per fortuna ho avuto una piccola illuminazione.
Mi sono detto: ‘In genere le persone che vanno in farmacia stanno male, io tutto sommato sono qui per prendere una medicina ad Eleonora, non per me. Questa signora davanti a me invece sta male, sta soffrendo. Tutto sommato, pur essendo in coda sotto la pioggia, in un certo qual modo io sto meglio di lei. Anzi, posso ringraziare di non essere qui per un mio malessere!’.
Magicamente il mio stato d’animo è cambiato, come se dalle nuvole fosse spuntato improvvisamente il sole per scaldarmi! Ho smesso così di ‘inveire’ interiormente verso la povera signora e sono tornato a stadi interiori di calma e serenità.
Un po’ come l’insegnamento di Thich Nhat Hanh sul “non mal di denti”:
“Quando abbiamo mal di denti, sappiamo che non avere mal di denti è una cosa meravigliosa. ‘Inspirando, sono consapevole del mio non-mal di denti. Espirando, sorrido al mio non-mal di denti’. Possiamo toccare il nostro non-mal di denti con la consapevolezza. Quando soffriamo d’asma e respiriamo a fatica, comprendiamo che poter respirare a pieni polmoni è qualcosa di meraviglioso, anche se abbiamo solo il naso chiuso, già sappiamo che respirare liberamente è una cosa splendida. (…) dobbiamo imparare a praticare il toccare ciò che va, che funziona, dentro di noi e intorno a noi.”
Quindi il sentire che ‘non avevo malanni’ era già una buona opzione, ma oltre a provare a contattare le parti di noi che stanno bene, possiamo usare quei momenti anche per allenare la “Pazienza”.
Sicuramente la pazienza è una virtù sempre più rara nella società d’oggi: basta vedere come reagiamo quando scatta il verde al semaforo se l’auto davanti non parte immediatamente. Però la pazienza è un muscolo che possiamo allenare, una qualità che possiamo coltivare. Molte volte ci capita di prendercela con gli altri, ma se riusciamo per qualche attimo a metterci nei loro panni, la nostra prospettiva ed i nostri comportamenti possono cambiare. Siamo così presi dalle cose da fare, dagli appuntamenti, che non ci rendiamo conto che il nostro benessere è legato a come viviamo il momento presente. Delle volte proviamo ansia anche se non c’è una vera ragione per cui dobbiamo ‘fare le cose in fretta’, semplicemente tendiamo a “correre” perché siamo abituati così, ed abbiamo perso la capacità di saper aspettare, saper stare fermi in compagnia di noi stessi.
Eppure, in quelle code, in quelle attese, anche se apparentemente può sembrare strano, abbiamo l’opportunità di tornare a noi stessi, sentire come stiamo e prenderci cura di noi, magari facendo qualche respiro consapevole e sentire come sta il nostro corpo. Possiamo anche provare a scambiare due parole con gli altri, magari aiutandoli, riportando così un po’ di umanità nella nostra vita e nella società in cui viviamo.
Alberto
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