COSA RIMANE DI NOI?
Ero molto affezionato a mio nonno materno.
Si chiamava Aldo, e quindi per me era il nonno Aldo.
Da bambino mi chiamava ‘Cianfrusaglia’ ed io a mia volta dicevo che lui era una ‘Cianfrusaglia’, così lo chiamavo anche ‘Cianfru’. Era molto umile, anche se nella vita aveva fatto parecchie esperienze: dopo essersi diplomato al Nautico, si era imbarcato a bordo di diverse navi ed aveva solcato il Mediterraneo per anni seguendo le orme del padre Comandante che era mancato quando lui era giovane. Mio nonno lavorava in sala macchine. A vent’anni, prima di uno dei suoi viaggi in nave, aveva conosciuto una donna, proprio sotto casa, di cui si era innamorato durante una passeggiata in Corso Italia a Genova.
L’ha sposata e l’ha amata per tutta la vita.
Sono andati insieme in Africa, in Nigeria, a lavorare per una compagnia inglese che acquistava pelli nel mercato locale ed è rimasto lì venti anni. In Nigeria sono nati mia mamma e mio zio. Aveva comprato una Fiat 500 per insegnare a guidare a mia nonna e le faceva da scuola guida.
Aveva la passione della fotografia: sviluppava e stampava le foto da solo. Una volta aveva partecipato ad un safari di caccia in Africa, ma quando si trovò a puntare il fucile ad una gazzella non ebbe il coraggio di sparare: quella in un attimo scomparve e lui depose il fucile e non andò più a caccia. Non aveva nemici e la carriera che aveva fatto sul lavoro era data dal suo impegno e dalle sue capacità che gli venivano riconosciute.
Tornato in Italia, in pensione, stava sempre in “laboratorio” che era una zona del garage dove teneva tutti gli attrezzi che utilizzava per riparare le cose. Era molto tranquillo, silenzioso, ma non era mai fermo. Riparava le radio, i nostri giocattoli, gli elettrodomestici, saldava anche il metallo per realizzare cose pratiche che gli servivano.
Dopo pranzo e dopo cena lavava sempre i piatti.
Prima di dormire, la sera, accendeva una radio trasmittente che aveva vicino al comodino, si sintonizzava sulle più disparate frequenze e armato di microfono e cuffie di quelle giganti parlava con gente in tutto il mondo, in Inglese, Francese e Italiano. Anche nella vita quotidiana mio nonno parlava con tutti ma non l’ho mai sentito litigare con nessuno.
Era curioso.
E mi voleva molto bene.
Forse tra i suoi nipoti ero il suo preferito, per una affinità di anime: lui cercava di non fare differenze ma io sentivo una forte comunanza con lui. Condividevamo anche la passione per gli orologi. Faceva le tipiche battute da nonno, giochi di parole, che mi facevano sorridere più che ridere, ma mi raccontavano tanto del suo modo di prendere la vita.
Una sera da bambino ero a casa dei nonni e volevo vedere uno dei miei telefilm preferiti, “Supercar”. Quella sera però mio nonno voleva già vedere un altro film e aveva cambiato canale. Io un po’ offeso, ma in silenzio, ero andato a giocare in veranda pensando che mi sarei perso la puntata. Ero molto triste anche se a pensarci oggi mi sento un po’ ridicolo. Lui se ne accorse, mi venne a chiamare e mi fece vedere il mio telefilm rinunciando al suo film.
Con gli anni i dolori alla schiena lo costrinsero ad utilizzare una sedia a rotelle, non poteva più scendere in garage nel suo “laboratorio”, così a ottant’anni si comprò un computer e decise di imparare a utilizzarlo. Si era fatto spiegare un po’ Word da me, Excel da mia mamma e la Posta Elettronica dal tecnico informatico che gli aveva installato tutto e che tornava a visitarlo ogni settimana a sistemare qualche cosa che non funzionava. Non contento si era preso uno scanner e con quello archiviava ed inviava documenti ai familiari e amici.
E’ morto di vecchiaia, in ospedale, soffrendo per i dolori alla schiena sempre più forti, e dimagrendo tanto.
Al funerale ho pianto tanto e se ci penso mi commuovo ancora.
Ieri a mezzanotte ero in sala che stavo accarezzando i gatti, sul divano, per farli addormentare, come ogni sera. Da quando è nato Lorenzo non dormono più con noi in camera e due carezze prima di lasciarli dormire in sala mi sembra il minimo sindacale per premiarli del sacrificio.
Guardavo fuori dalla finestra, le stelle, e le case che si affacciano sull’Adige e mi chiedevo cosa sarebbe rimasto di me una volta morto. Quelle case rimarranno anche quando io non ci sarò più e anche la sala e l’appartamento in cui vivo oggi ci saranno quando io non ci sarò più. Non sono un artista, non lascerò quadri, canzoni o film. Non sono un architetto, non lascerò piazze, vie o monumenti. Non sono un politico, un filosofo, né uno scrittore: non cambierò la società, non lascerò idee nuove nè romanzi. I miei amici e parenti se ne andranno con me e quindi di me non rimarrà più traccia.
Sono andato a dormire e ho sognato mio nonno nel letto di ospedale che mi guardava sorridente e tendeva le mani per prendere le mie.
Alberto
“I nonni sono coloro che vengono da lontano e vanno per primi ad indagare oltre la vita”
(Maria Rita Parsi)
Anche Eleonora ha scritto un Post in ricordo di sua nonna Gianna, se vuoi leggerlo clicca qui: L’amore non muore.
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